mercoledì 13 febbraio 2019

GEORGE - SECONDA PARTE - LA VEGGENZA

GEORGE- seconda parte

Mentre trascorrevano i giorni di quelle settimane in cui l’inverno indiano si fa tiepido e fa assaporare la primavera, George amava sorseggiare il suo cappuccino nel mio ristorante sotto il sole, gradevole, del mattino.

Aveva capito che, in quelle ore, avevo tempo di fare due chiacchiere, prima di cominciare a impartire ordini per la preparazione della salsa di pomodoro e altre prelibatezze.

Anche un viaggiatore solitario, ogni tanto, soffre di solitudine e cerca qualcuno che lo ascolti, qualcuno con cui poter condividere opinioni e impressioni di viaggio.
E si capiva bene che George stesse cercando un interlocutore ... o forse no!

Conosco, per esperienza, gli stati d’animo di chi attraversa continenti in perfetta solitudine.

Si può cambiare idea da un momento all’altro, si può decidere di partire all’improvviso da una località o di cambiare ristorante, albergo e itinerario senza dover mediare. Ma, al tempo stesso, i pensieri, le sensazioni si tengono per sé mentre, in fondo, l’essere umano ha bisogno di condivisione.

A quei tempi non c’era Internet e si era proprio isolati se il caso non ti permetteva di incontrare qualcuno disponibile a parlarti e condividere le sue esperienze, idee e sensazioni, in genere, interessanti e preziose e ascoltare le tue.

Lo scorso anno, ero a Delhi, sola, e stavo gustando la mia cena mentre sul mio cellulare continuavano ad apparire i messaggi dei miei amici; due ospiti dello stesso hotel dove alloggiavo mi hanno chiesto, a turno, di sedersi al mio tavolo e hanno iniziato a parlare raccontandomi le loro storie di viaggio, molto interessanti. Questa atmosfera mi ha riportato indietro di tanti anni.

So bene però che, all’inizio, ero piuttosto seccata della loro intromissione in un momento mio dedicato al gustoso pasto e ai miei pensieri.
Un tempo, nel periodo in cui conobbi George, avrei provato ben altri sentimenti.

Ma, torniamo e George: era un gran chiacchierone e tutto quello che diceva aveva, di solito, un fondo di ironia cui era impossibile resistere e mi strappava sempre una risata.
Sembrava quasi che il suo compito fosse quello di far divertire i suoi interlocutori. Era bravo anche nelle imitazioni.

A volte, ho pensato che alcuni suoi modi fossero studiati per rendere la persona cui si rivolgeva rilassata, farle abbassare la guardia e, nello spazio interiore che si creava, lui inseriva importanti informazioni o, per meglio dire, insegnamenti di vita.

Posso tranquillamente dire che l’ho considerato un mio Maestro.
La vita lo ha mandato quando avevo bisogno di fare un salto di qualità. In quegli anni e negli anni precedenti l’incontro con lui, avevo letto molti dei libri di Casteneda. Questo mi permise di riconoscere nel modo di fare di George alcune delle tecniche di Don Juan.
La mia energia si risvegliò e i miei occhi si aprirono, anzi, il mio terzo occhio si rimise in azione alla svelta.

Il seguito alla prossima puntata ...

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