VIAGGIARE
IN TRENO – PRIMA PARTE
Durante
il periodo di peregrinazioni in lungo e in largo attraverso il continente
indiano, preferivo spostarmi in treno.
Le
ferrovie erano certamente più sicure delle strade, i treni più puntuali di
quelli italiani soprattutto se pensiamo a spostamenti di 800 o 900 km, in una
terra dove, almeno all’inizio degli anni ‘90, le vie ferroviarie si avvalevano
di una tecnologia poco avanzata, i ritardi, paragonati a quelli delle nostre FS
erano minimi.
Mi
ricordo che per il viaggio più lungo che ho fatto, New Delhi-Bangalore, se non
sbaglio, 36 ore, ci fu soltanto un’ora di ritardo.
Il
territorio indiano è tanto vasto quanto complesso, eppure il traffico
ferroviario era ed è molto capillare, le ferrovie arrivano dappertutto.
In
particolare adoravo le piccole stazioni ferroviarie, tranquille e pulite. Lì si
poteva sperare di poter acquistare qualche spuntino
fresco, appena fritto, dai pochi venditori che, con orgoglio, mantenevano con grande decoro il loro carrettino dove facevano bella mostra di sé i
semplici utensili e barattoli di spezie oltre all'immancabile padella annerita dalla fiamma del fornellino a kerosene.
A volte si poteva avere un caffè al
latte simile al nostro amato cappuccino preparato con caffè solubile e latte riscaldato con il vapore di una piccola macchina da bar simile a quelle italiane degli anni '60 !
Un
viaggio in treno è una grande opportunità, per qualunque turista, di conoscere da
vicino la vita e le opinioni degli abitanti di questa terra così imprevedibile
e sorprendente.
Agli
indiani piace molto conversare con persone che vengono da altri paesi e cercano
sempre di instaurare un rapporto con i turisti, sono curiosi di conoscere da
vicino chi viene da lontano e, spesso, amano raccontare di sé, della propria
vita, la famiglia, religione, filosofia e tradizioni .
Ho
assaggiato, di frequente, prelibati bocconi di cibo preparato in casa che con
generosità e persino orgoglio mi venivano offerti.
In base
alla mia esperienza ho visto sempre dei larghi sorrisi e occhi brillanti quando
accettavo e apprezzavo quello che una mamma, una sorella o una moglie, aveva,
con tanto amore cucinato, a volte alzandosi prima dell’alba, perché un po’ di
sapore familiare potesse accompagnare chi era costretto ad intraprendere un
viaggio.
Mi
ricordo di una volta in cui nel mio vagone si trovava un nutrito gruppo
familiare che tornava da una festa di matrimonio.
La mamma, scoccata l’ora di pranzo, si affrettò a estrarre dalle gonfie borse, enormi scatole
che contenevano le più svariate prelibatezze che erano state distribuite al
banchetto di nozze.
Per fortuna che, al contrario di tanti turisti viaggiatori,
io adoravo e adoro la cucina indiana e, con piacere, accettavo di tutto,
ben felice di non dovermi accontentare di frutta e “namkin” (salatini speziati)
che potevo acquistare dai venditori ambulanti che affollavano le stazioni
ferroviarie pronti a saltare sul treno ad ogni fermata.
Per i
viaggi che prevedevano un pernottamento avevo imparato a prenotare la cuccetta
più in alto che mi garantiva privacy e mi permetteva di restarmene sdraiata a
leggere anche durante il giorno, inoltre mi assicuravo, in questo modo, la vicinanza
ai piccoli ventilatori che incessantemente cercavano di muovere l’aria dell’afa
diurna.
L’unico
cruccio, per me, era costituito dalla necessità di usare il gabinetto (per
fortuna “alla turca”) ma, come si sa, in caso di tanti viaggiatori e tante ore
di percorso, a un certo punto, lo frequentavo non senza trattenere il respiro:
ecco a cosa erano serviti tanti esercizi di pranayama, pensavo tra me e me!!!
Ci ho persino
passato un 31 dicembre in treno,da Bombay (oggi Mumbay) a Madras (oggi
Chennay): a mezzanotte, con un'amica italiana che era venuta a trovarmi, ho brindato con una ThumsUp (una specie di coca cola made in India) e mangiato croccanti salatini di lenticchie, per la tradizione, cosparse di abbondante "masala".
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