lunedì 20 luglio 2015

Omaggio al Nepal – Terra degli Dei, di montagne, terra di Dakini - 

Terza parte


Era proprio il viaggio che desideravo fare, che avevo bisogno di fare

La spinta alla consultazione del chiromante era quella che mi aveva “stanata” dalla quiete della piccola quanto meravigliosa #Khajuraho dove la vita scorreva lenta e sonnolenta, con un panorama sempre uguale sulle Dantla Hills e i fantastici templi tantrici, meravigliosi manufatti di sconosciuti artigiani che hanno lasciato un'ineguagliabile eredità artistica  all’umanità intera.


Ritrovare le stradine di Thamel, con più alberghi e numerosi ristoranti per tutti i gusti, ma con la stessa familiarità di tanti anni prima.

Divenimmo clienti abituali del ristorante “The third eye”, lo staff era molto simpatico, tra le salette dove mangiare c’era la possibilità di scegliere quella dove ci si poteva sedere a terra, su comodi cuscini ed era  vicinissimo al nostro albergo. 

Nel mio ultimo viaggio in Nepal, nel 2010, un cameriere di questo ristorante ricordava ancora il nome di mio figlio, dopo ben quattordici anni.

Il chiromante aveva il suo studio a due passi da lì. Il giorno successivo al mio arrivo mi apprestai a salire le scale fino al primo piano, senza esitazioni, bussai e attesi con curiosità: avrebbe aperto lui personalmente o un assistente? 
Che aspetto avrebbe avuto? Sarebbe stato accogliente?

La porta si aprì ed era proprio lui a ricevermi, nessun assistente, nessun altro nello studio. Con cordialità e calma, davanti a una tazza di tè, mi spiegò il suo modo di lavorare: avrebbe preso l’impronta delle palme delle mie mani su di un foglio, spalmandole ben bene d’inchiostro, e, dopo due giorni, sarebbe stato pronto per spiegarmi tutto quanto si poteva dedurre dallo studio di tutte quelle linee.

Ma, come in tutte le imprese degne di tal nome, c’era un ostacolo: Aditya  non avrebbe dovuto essere presente. 

Compresi subito che non c’era possibilità di venire fuori da questo problema.
Non potevo lasciare il bambino, per due ore, con degli sconosciuti, fossero pure stati dello staff dell’albergo.
Questo non mi fermò nelle mie intenzioni, soltanto ritardò la data della consultazione. 

Valutai che, al termine della vacanza, superato il momento di picco di presenze turistiche a Khajuraho che cade nella settimana della danza classica indiana, nel periodo del MahaShivaratri, sarei potuta tornare per un brevissimo viaggio. Ecco perché nella vita romana di tutti i giorni io, tra me e me, sorrido quando qualcuno mi dice che il quartiere dove insegno yoga "è lontano da casa mia" "mi piacerebbe ma  ...". 

Il mio spirito di avventura fu persino stimolato dalla possibilità di un altro viaggetto di una quindicina di ore, questa volta tutta sola. SE VUOI, PUOI!
Questo è uno dei miei motti.

Io non lo sapevo in quel momento e neppure tutte le persone coinvolte nella vicenda lo poteva immaginare ma, il secondo viaggio sarebbe diventato il punto di innesto di un destino che “doveva necessariamente compiersi”.

Il chiromante, ora che l’avevo visto, mi convinceva, e decisi che era essenziale ricevere la sua consulenza.
Intanto, Aditya e io potevamo rilassarci e goderci la vacanza.
Mentre passeggiavamo, subito dopo colazione, per le stradine colorate di merci, fummo richiamati da un giovane commerciante che era in piedi sulla porta del suo negozio. Parlava italiano alla perfezione ma era indiano. 

Vendeva monili di pietre e argento: la mia passione. 

In quel tempo anch’io svolgevo, in piccolo, quel commercio nel negozietto che si trovava sotto al mio ristorante.
Il giovane uomo, indiano, mi chiese con molta cortesia di entrare a vedere il suo negozio, mi riservai di passare nel pomeriggio, più tardi.

E fu proprio lì, nel suo negozio, che ebbe inizio il primo evento speciale di quel viaggio ma, che fosse speciale, lo compresi molti mesi dopo …

Portai Aditya a vedere i templi più vicini, la Durbar Square, lui mi seguiva incuriosito. Rispettavo i suoi tempi, c’era tanto da esplorare e camminare.

Prenotai un volo per Pokhara, dove c’è un fantastico lago, per stare più a contatto con la natura, in seguito  saremmo andati nella giungla per vedere elefanti, rinoceronti e coccodrilli.
Per mio figlio un vero e proprio programma che valeva ben più di una gita a Disneyland.

Già il volo fu una vera avventura, sorvolammo alcune vette innevate, il piccolo velivolo a venti posti costeggiava pareti coperte di ghiaccio. Un’emozione anche per me: quando sei su un piccolo aereo ci si rende conto di quanto siamo piccoli rispetto alle montagne e quanto in balia dei vuoti d’aria.
Soltanto durante quel volo mi resi conto che Aditya non aveva mai visto la neve ma neppure ne sospettava l’esistenza, non ce ne era stata occasione e la parola neve per lui era vuota di qualunque significato.
Credeva che le montagne fossero di gesso. Parlando un po’ italiano e un po’ hindi, mi disse: mamma “batthì” che, appunto, significa gesso.

Atterrati a Pokhara, con il corpo che ancora tutto vibrava, ci sistemammo in una pensioncina sulla strada che costeggia il lago. Poche stanze, molto pulita, pannelli solari installati sul tetto per l’acqua calda.

Il proprietario ci accolse con tanta gioia e quel sorriso tipico della gente nepalese. Namasté!

Aveva due o tre figli piccoli. Aditya ebbe subito qualcuno con cui giocare e intendersi a meraviglia poiché la lingua nepalese è molto simile all’hindi.

I bambini iniziarono a conversare con la massima tranquillità come si fossero conosciuti da mesi.
Nessun capriccio, nessun malinteso ma solo la gioia di stare insieme, quella che dovrebbe appartenere a qualunque essere umano che ne incontra una altro: siamo tutti su questa terra per conoscerci, riconoscerci e sostenerci. 

Il dono.

Occhi a mandorla, pelle chiara, pelle scura: tutti esseri umani. 

Questa è la magia che si accende tra bambini che hanno vissuto una vita molto semplice con solo un paio di giocattoli a disposizione.

Da lì, con la loro grande fantasia, fanno partire decine di situazioni di gioco perché la loro mente è creativa, la natura del #popolo nepalese è dolce, pacata e pacifica, e i bambini nepalesi sono portatori di una grande eredità: uguaglianza e armonia.