mercoledì 13 febbraio 2019

GEORGE - TERZA PARTE - Who gave you the stars?

GEORGE - TERZA PARTE


Andai a Delhi dalla mia dentista e alloggiai in un piccolo hotel che mi consigliò George.
Main Bazar - Pahar Ganj
Lui si occupò di prenotare per me, era un ospite abituale, e chiese una "buona stanza".

Mi raccomandò che, all'arrivo, chiedessi di pulire bene il bagno (a quei tempi in India se prendevi alloggio in quella zona, il problema principale era il bagno, mai pulito abbastanza): una buona mancia all'inserviente e lui mai più mi avrebbe dimenticata e si sarebbe prodigato ogni giorno per mantenere la stanza pulita.
Così fu.
Per anni fui ospite del Roxy Hotel insieme a mio figlio Aditya Takshak che era sempre felice di scortarmi.

Delhi era città di "meraviglie" per lui perché si andava a comprare giocattoli, colori, album da colorare, libri per bambini che narravano le fantastiche storie degli dei e tutte quelle cose che a Khjauraho mancavano, compresi i gelati.

Nei mesi successivi, durante una di queste scorribande, incontrai George che aveva ripreso a viaggiare in lungo e in largo.

Fu così che una sera mi portò dove si accampavano a dormire i conducenti di rikshiò
a pedali.

Era inverno, dormivano sul loro veicolo, in precario equilibrio, avvolti in una coperta diversa ogni sera (presa in affitto per la notte) e restituita al mattino successivo.
La distribuzione delle coperte, previo pagamento, era effettuata da un camionista.  Questi poveretti, dopo aver lavorato duramente per tutto il giorno, consumata una cena frugale, dormivano di un sonno di piombo, per riposare le membra stanche, esauste a causa di una giornata trascorsa a scorrazzare per la città, gente, spesso, carica di bagagli.

Eppure, posso dire che, quando arrivavo alla stazione ferroviaria di Delhi, con mio figlio che, all'epoca aveva quattro anni, questi uomini, anche alle 10 di sera, avevano un sorriso per il bambino, e occhi amorevoli e colmi di stupore quando lui, con la sua semplicità, parlando hindi, facendosi carico di essere mio perfetto assistente, li informava su nome e indirizzo dell'hotel.
E, nel breve tragitto lo tempestavano di domande: la stanchezza cedeva il posto alla curiosità.
Ci salutavano e, con una stretta al cuore, elargivo una mancia consistente. Forse, da qualche parte, in un lontano villaggio, anche loro avevano un bambino da sfamare, che potevano stringere tra le braccia una volta l'anno ...

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